Oggi è la giornata mondiale per la prevenzione del suicidio. Qui trovate alcune statistiche dalle quali si evince che l’Italia è in effetti un paese a basso rischio (<6,5% ogni 100,000 abitanti).
Negli ultimi 45 anni il tasso di suicidi a livello mondiale è aumentato del 60%, ed è tra le prime 3 cause di morte tra i 16 e i 45 anni e tra le prime due tra i 16 e i 24. I soggetti più a rischio sono i maschi anziani, anche se si è visto un aumento appunto tra i giovani.
Altri fattori di rischio sono l’uso/abuso di alcool, psicofarmaci, sostanze stupefacenti, malattie psichiatriche.
Riteniamo importante riflettere su questo argomento nell’ottica della nostra professione: i medici e in particolare i dentisti sono una categoria ad alto rischio per il suicidio. Vale la pena domandarsi quali siano i fattori che ci rendono una categoria a rischio: la nostra professione richiede un impegno costante, in rapido cambiamento, una conflittualità emergente e in incremento sia nei rapporti medico-paziente, sia all’interno della professione con i colleghi e i collaboratori, mentre siamo oppressi da una crescente burocrazia in una costante incertezza del quadro normativo di riferimento.
Ma ciò che ci rende particolarmente a rischio è l’isolamento nel quale molti di noi lavorano: ciascuno elabora le proprie difficoltà, cerca le modalità per affrontarle, paga sulla propria pelle gli errori.
In questo contesto viene da suggerire anzitutto di cercare di mantenersi in contatto costante con ciò che avviene all’esterno dello studio, sia mantenendo interessi extra-professionali, sia dedicandosi ad attività culturale, sindacale, ordinistica.
In particolare molte volte ci si chiede per quale ragione si debba dedicare tempo per aiutare i colleghi, per elaborare e gestire problematiche professionali a vantaggio di tutti. Perchè si dovrebbe perdere giornate e giornate per il sindacato o per l’associazione o per l’Ordine? Probabilmente perché si riceve di più di ciò che si dà: si riceve un orizzonte oltre le mura del proprio studio.
Questa giornata potrebbe essere una occasione per invitare tutti i colleghi a non richiudersi nel proprio lavoro, a dedicarsi agli altri, sia nella professione sia in attività extra-professionali. Ma dovrebbe essere anche una occasione per sensibilizzarci al problema, perché ciascuno sia attento ad eventuali segnali di sofferenza lanciati, magari senza clamore, da colleghi in difficoltà e per immaginare occasioni per incontrarci.