Lo studio Sefanelli segnala un approfondimento di Luglio dell’avvocato Silvia Stefanelli circa due sentenze della Corte di Giustizia della Comunità Europea e dell’Autorità Garante la Concorrenza e il Mercato. A parte l’increscioso inconveniente dei tanti errori di battitura (si dice ancora così nell’era digitale?) è opportuno soffermarsi sulla tesi centrale dell’avvocato Stefanelli.
Le prima sentenza (CCGE 18 luglio 2013 C- 136) sostanzialmente ritiene infondata la pretesa dell’Ordine dei Geometri di commisurare l’onorario alla formazione del professionista. Le motivazioni della CCGE poggiano sul fatto che gli Ordini sarebbero “associazioni di imprese” e quindi ogni loro iniziativa va valutata in relazione alla possibile interferenza con le regole del mercato e la libera concorrenza.
Nella seconda decisione con il provvedimento AGCM 27 luglio 2013 l’Autorità interviene nei confronti degli avvocati che avevano pubblicato le tariffe ministeriali e ipotizzato (!) che onorari inferiori alle stesse potessero essere considerati in contrasto con il codice deontologico.
Ora, il punto a mio parere illuminante di tutta la vicenda è l’affermazione attribuita dalla Stefanelli alla Corte Europea, secondo la quale:
nell’adottare il codice deontologico gli ordini professionali non esercitano né una funzione sociale fondata sul principio di solidarietà … (omissis)
Ora, per capire il significato di ogni affermazione, la storia è indispensabile: gli Ordini Professionali (a quel tempo si chiamavano Corporazioni) furono aboliti per effetto delle leggi napoleoniche all’inizio del 1800. Da allora in Italia tutte le professioni fecero i salti mortali per ricostituirli, per primi ci riuscirono gli avvocati attorno al 1850, l’Ordine dei medici vide invece la luce solo nel 1910. Tuttavia il clima culturale degli anni che vanno dal 1850 al 1910 è ben determinato, tant’è che si usa il termine di Codice Deontologico (per richiamare la Critica della ragion Pratica di Kant) per paura di parlare di Etica Professionale. Ma è fuori di dubbio che la costituzione degli Ordini Professionali trova la propria giustificazione solo e soltanto in una
funzione sociale fondata sul principio di solidarietà
senza la quale funzione gli Ordini sarebbero appunto mera “Associazione di Imprese”.
In ogni caso è chiaro che negli altri paesi d’Europa la soppressione delle Corporazioni non è stata seguita del medesimo percorso e quando la Corte di Giustizia Europea parla degli Ordini in Italia, di fatto ne nega la specificità.
Si tratta a questo punto di chiarire se l’Italia è un paese sovrano o meno.
La rivendicazione di una nostra autonoma organizzazione istituzionale tuttavia non può prescindere da una valutazione razionale del contesto. Nello specifico è evidente che la battaglia sul tariffario minimo o sul decoro del messaggio pubblicitario sono battaglie di retroguardia. Ma ciò non significa che la funzione sociale basata sul principio di solidarietà sia esaurita. Al contrario, oggi è sempre più evidente la concorrenza sleale che le società o le strutture complesse fanno ai singoli professionisti: proprio dal punto di vista del libero mercato oggi è assente una azione che riequilibri le forze in campo e consenta ai professionisti di competere con le grandi strutture, senza combattere o ostacolare o limitare queste ultime, ma aiutando ed agevolando i primi in una ottica, appunto, di solidarietà sociale.
Pur con un percorso diverso giungiamo quindi alle stesse conclusioni dell’avvocato Stefanelli:
Oggi la concorrenza è una realtà, ancor prima economica e di mercato, e poi anche giuridica.
La decisione della Corte di Giustizia e le posizioni dell’AGCM – che piaccia o meno – chiamano gli ordini ad assumere un nuovo ruolo, mirato anche a difendere il ruolo e le posizioni dei professionisti.
Ma in un’ottica pro-concorrenziale non più di tutela e di controllo del mercato.