Il Sistema Sanitario Nazionale, quello inventato da Mussolini nel 1929 e istituito nel 1978 con la L.833 è morto. Chi lo sa non è preoccupato, perchè ne può fare a meno. Chi non ne può fare a meno non lo sa e ne viene tenuto attentamente all’oscuro.
È una morte annunciata, non è da ieri che sappiamo che un sistema con queste premesse non è sostenibile. Già nel 1992 un ministro dal nome non lusinghiero, De Lorenzo, aveva tentato una riforma con il DL 502. A posteriori viene da pensare che abbia toccato interessi troppo pesanti per non rischiare quel che appunto gli è capitato, ma questa è fantapolitica, meglio restare coi piedi per terra. Il 502 prendeva atto della crisi irreversibile del sistema e ipotizzava una equiparazione dei fornitori pubblici/statali e privati i quali in seguito ad un processo di autorizzazione -> accreditamento -> convenzione sarebbero entrati in competizione tra loro per fornire i servizi migliori ai costi più contenuti.
Quel disegno rimase sostanzialmente sulla carta, fuorchè per qualche regione, anche grazie alla riforma della riforma dell’impareggiabile ministro Bindi con il DL 517 del 1999, la quale riempì di falle una barca che avrebbe faticato a navigare anche senza quelle. Basti pensare che dopo la pubblicazione del DL 517 alla Bindi fu fatto notare che in base alla modifica dell’art.8 tutti i libero professionisti sarebbero stati obbligati ad intraprendere il percorso di cui sopra (cioè a chiedere l’autorizzazione regionale per l’esercizio) anche se non erano interessati alla convenzione. Il ministro rassicurò tutti con una circolare nella quale affermava che l’autorizzazione regionale rappresentava un doppione dell’abilitazione di Stato, perciò non era richiesta per i libero professionisti. Ma non sarebbe stato meglio che l’astuto ministro modificasse il testo mal scritto e soggetto a fraintendimenti piuttosto che affidarsi ad una circolare di rango, ovviamente, inferiore a quello di un DL, appunto? Sarà, ma quel che appare ai mortali evidente, non lo è a coloro che sono d’intelligenza superiore.
In ogni caso a distanza di 20 anni l’ipotizzata equiparazione tra le strutture non c’è stata, le regioni (quasi tutte) decidono in base alle proprie preferenze le convenzioni, se le strutture pubbliche possono soddisfare l’offerta, anche con costi superiori e qualità inferiore, condannano alla chiusura le strutture private senza rimorsi. Per il solo settore dell’odontoiatria è interessante che non in un solo caso, in Veneto, il finanziamento di una struttura pubblica è stato ridiscusso e messo a gara con i privati. Nel frattempo le finanze dello Stato hanno raschiato il fondo e oggi è chiaro che siamo oltre il punto di non ritorno.
Nel resto del mondo però non se la passano meglio: la Obamacare (la riforma sanitaria di Obama) è alla canna del gas e rappresenta un vincolo alla ripresa economica: milioni di lavoratori sono restii ad aumentare le proprie ore di lavoro e il proprio fatturato per non salire oltre la soglia fino alla quale è garantita l’assistenza sanitaria pubblica. Le assicurazioni sono alla corda e rifiutano sempre più soggetti fragili con gravi patologie, il costo delle assicurazioni sanitarie è in costante aumento.
Quindi? Quindi rendiamoci conto che siamo al fallimento e non accaniamoci a tenere vivo un sistema in agonia. Ogni ulteriore sforzo non farà altro che accumulare debiti sul nostro futuro e a rendere più difficile la ripresa.
È chiaro che il futuro della sanità è stretto tra una sanità pubblica al lumicino per chi è sotto la soglia di povertà, e una sanità in mano alle assicurazioni. Tra Scilla e Cariddi dobbiamo sforzarci di pensare strade nuove. Ma per pensare strade nuove ci vuole coraggio, bisogna abbattere steccati, leggi e limitazioni. Non ne verremo fuori con nuove regole, ma con meno regole e più fantasia.
Faccio una ipotesi: perchè non inserire nella dicotomia di cui sopra un terzo attore, le associazioni di medici con funzione di assicuratori! I cittadini potrebbero pagare direttamente a queste “Assicurazioni Mediche” il premio di assicurazione, e queste Assicurazioni potrebbero garantire le cure. Con modalità da definire (tra tetti, bonus e franchigie, va da sè), ma con il risvolto non indifferente che il premio di assicurazione non andrebbe a finanziare un terzo lucrante, ma a coprire direttamente le spese delle strutture sanitarie scelte.
È una idea, brutta come altre, ma più aspettiamo ad iniziare e più tempo ci vorrà per trovarne qualcuna di accettabile.
cvd: http://www.corriere.it/salute/13_ottobre_07/puo-convenire-pagare-tutto-tasca-propria-d2e1d40e-2c3e-11e3-b674-51fbe6c64466.shtml