Sembra che ci sia una grande preoccupazione per il futuro dell’odontoiatria e dei sistemi sanitari in generale. I rappresentanti della associazioni odontoiatriche più rappresentative e la CAO nazionale si sono riuniti per ragionare proprio su questo argomento.
In questo brain storming vale la pena suggerire alcune considerazioni.
Cominciamo da questa: gli odontoiatri non devono avere paura della concorrenza.
Sembra pacifico, ma le spinte protezionistiche nella nostra categoria sono sempre forti. Vale la pena affrontare questo argomento in tre passaggi:
- è realisticamente praticabile una politica protezionistica in odontoiatria?
- agli odontoiatri italiani il protezionismo conviene?
- il rovescio della medaglia della libera concorrenza
È REALISTICAMENTE PRATICABILE UNA POLITICA PROTEZIONISTICA?
Non c’è dubbio, ci sono categorie che sono riuscite a difendere molto bene il proprio orticello: notai e farmacisti, ad esempio. Ma se guardiamo la storia con un minimo di distacco è evidente che si tratta di posizioni in difesa disperata. È chiaro che se io fossi un farmacista comunque farei la politica che fanno loro, perchè se proprio si deve morire, meglio domani che oggi. Pensiamo però alla possibilità di acquistare farmaci su internet: l’anziano ordina la cardioaspirina, l’antiipertensivo, l’antiparkinsoniano, con il 50% di sconto, per tre euro il corriere glieli recapita a casa e l’80% delle farmacie chiude. La possibilità tecnica c’è già, prima o poi diventerà la prassi, non c’è dubbio.
Noi pensiamo di difendere la nostra professione limitando gli accessi a odontoiatria, ma tra un ricorso e l’altro il numero programmato salta, altri vanno a studiare in Spagna, altri in Albania, in ogni caso le frontiere si aprono e il discorso è chiuso. Poi potremmo anche pensare ad un esame di Stato con un numero massimo di esercenti per territorio, oppure alla necessità di una autorizzazione basata sul fabbisogno. Va bene, possiamo pensare qualunque escamotage, ma dobbiamo guardare in faccia la realtà: la storia va altrove, va verso la libertà ad ogni livello e sotto ogni aspetto, non al contrario. A meno di situazioni apocalittiche (una guerra nucleare, l’interruzione delle comunicazioni interoceaniche, il ripristino delle dogane nazionali, …) lo sviluppo tecnologico favorirà sempre più la libera concorrenza su territori sempre più vasti.
CONVIENE UNA POLITICA PROTEZIONISTICA?
L’abusivismo ha il grosso vantaggio competitivo di non supportare alcuno dei costi che pesano sugli odontoiatri. Dalla burocrazia all’IVA, dai contributi per i dipendenti all’esperto per gli elettromedicali. Tutte queste voci parassite aumentano anno dopo anno e rendono sempre più conveniente rischiare. Poi si sente taluno chiedere, non una diminuzione di queste gabelle ma un loro aumento: infatti si sente dire che il consiglio regionale della Lombardia ha chiesto alla conferenza Stato-Regioni di istituire la figura professionale dell’Assistente di Studio Odontoiatrico.
Una politica protezionistica non fa altro che aumentare i costi a carico di coloro che esercitano regolarmente, favorendo la fuga all’estero e nell’illegale. La cosa più intelligente di fronte ad un qualunque nemico, è guardarlo in faccia e attaccare.La cosa migliore è affrontare lo scontro e chiedere regole certe valide per tutti.
Pensare di nascondersi o innalzare barriere, non serve a nulla: prima o poi arriveremo al confronto diretto, e allora se saremo preparati allo scontro vinceremo, altrimenti no.
L’ALTRA FACCIA DELLA MEDAGLIA
La libera concorrenza è una medaglia con due facce: una faccia è che i migliori vincono e l’altra che i peggiori perdono. Ora, una categoria di professionisti, legati da un giuramento e un codice etico, dediti ad alleviare la sofferenza dei propri pazienti, non può restare sorda alle sofferenze di quella parte della professione che si trova ai margini del mercato. Il problema non è che “io” sono bravo e vinco, il problema è che comunque qualcuno perderà e come professione nel complesso dobbiamo preoccuparci anche di loro.
Una professione basata sulla libera concorrenza presuppone necessariamente l’espulsione dal mercato delle soggettività meno competitive. Da un punto di vista generale questo è un bene, perchè migliora la qualità del servizio per la popolazione, ma per i singoli espulsi è un male. Che strade possiamo pensare per costoro?
È davvero strano che ben pochi e ben raramente si pongano questa domanda.
Invece dobbiamo porcela di più. Garantire a tutti un salario è ridicolo, offensivo, impossibile, degradante. Ma predisporre delle vie di fuoriuscita per chi non trova la propria nicchia è imperativo.
Una idea potrebbe essere una maggiore coordinazione tra il corso di studi in Odontoiatria e quello in Medicina. Sì, perchè chi segue anche solo superficialmente le vicende della sanità generale sa che ultimamente i concorsi per ortopedici e chirurghi vanno deserti. Quanti odontoiatri che hanno difficoltà ad arrivare a fine mese, farebbero i salti mortali per un posto di aiuto in ospedale? Ma chi ha pensato ad istituire il corso di laurea in odontoiatria, l’ha pensato senza quella adeguata osmosi che potrebbe consentire di riqualificare dei professionisti in base alle richieste del mercato con il minimo di impegno. Facciamo un esempio: tutte le professioni sanitarie affrontano una laurea breve (triennale) con le materie base (anatomia, patologia generale, biochimica, etc) dopo di che gli ulteriori tre anni potrebbero essere dedicati alla formazione specialistica (oculistica, ortopedia, chirurgia, odontoiatria, etc ). Perciò un odontoiatra che non trova lavoro, con un corso di tre anni potrebbe riqualificarsi e presentarsi ad un concorso per ortopedico. È una soluzione definitiva, globale, sicura? Non lo so e non lo credo, ma il punto non è se qualcuno ha già le risposte in tasca, ma se ci decidiamo a guardare la realtà in faccia e a farci le domande giuste.