L’Accademia Italiana di Odontoiatria Protesica ha diffuso un decalogo destinato ai pazienti con il quale gli stessi dovrebbero essere in grado di giudicare il lavoro del proprio dentista.
Di per sè si tratta di una iniziativa che va nel senso dell’empowerment del paziente, del miglioramento delle sue conoscenze e del suo senso critico, che sono le reali difese nei confronti di low cost, abusivi e ciarlatani vari.
Quasi contemporaneamente Mannheimer diffonde i dati di una ricerca dalla quale emerge che la fiducia della popolazione italiana nei confronti del dentista è quasi plebiscitaria (98%).
I dati di Mannheimer coincidono con quelli di una ricerca fatta da noi in un comune del Veneto di prossima pubblicazione sul Dentista Moderno.
Ora: la cosa che mi lascia perplesso del decalogo di AIOP è che la sensazione che diffonde è quella di mettere la pulce nell’orecchio al paziente. Cioè: posto che evidentemente quei dieci punti non esauriscono il controllo di qualità di una protesi, che talvolta una protesi è fatta bene anche se qualcuno di quelli non viene rispettato e talaltra è fatta male anche se i dieci punti ci sono tutti, ora, posto tutto ciò, diffondere un messaggio del genere in una popolazione che comunque si fida di noi rischia di essere controproducente. Vai tu poi a spiegare ad un paziente che se la gengiva sanguina non è perchè la corona è fatta male, ma perchè si è dimenticato cosa sia il filo interdentale.
Perchè a dir la verità, i pazienti dovrebbero davvero fidarsi di noi solo perchè siamo iscritti ad un Ordine Professionale. Dovrebbero, cioè, perchè purtroppo lo sappiamo benissimo anche noi che l’iscrizione all’Ordine non garantisce alcuna qualità. Lo sappiamo anche noi purtroppo che l’Ordine forse si è un po’ perso nel labirinto degli ECM e dei CTU, per ricordarsi ancora quale dovrebbe essere la sua funzione.
In ogni caso la diffusione del decalogo dell’AIOP dovrebbe essere una occasione per riflettere.
Infatti su un altro sito leggiamo questa cosa:
Dopo il danno la beffa
Un Dottore chiede al nostro esperto, il dottor Paternoster se “Dopo un tentativo fallito di implantologia orale, senza che ne sia derivato alcun danno biologico e senza che sia stata pagata alcuna parcella, il dentista è tenuto a risarcire al paziente l’intera cura implantoprotesica presso altro studio odontoiatrico”. Ed ecco la risposta del nostro esperto: “Se l’attività preparatoria alla implantologia non ha mutato alcunché dello stato biologico del paziente non vi sarebbe risarcimento di un danno permanente ma eventualmente solo di quello temporaneo. Se invece detta attività non ha consentito più una riabilitazione protesica alternativa alla implantologia vi sarebbe il risarcimento del danno permanente provocato (anche eventualmente psichico) oppure delle spese per emendarlo (danno differenziale tra le spese sostenute o da sostenere e quelle che il paziente avrebbe comunque affrontato se l’attività preparatoria fosse andata a buon fine)”.
La cosa è estremamente sintomatica, in quanto manca il minimo di impostazione giuridica: quale responsabilità ha il medico nel riferito fallimento implantare? Questa è la domanda base. Se l’intervento non ha avuto successo ma tutto è stato fatto a regola d’arte, non solo il medico non deve risarcire nulla, ma il paziente è comunque tenuto al pagamento dell’onorario concordato. Se il medico venisse pagato solo in caso di successo, che assistenza potrebbero aspettarsi gli infartuati o i malati terminali?
E non si porti l’esempio delle prestazioni estetiche: è evidente che se un paziente chiede una prestazione estetica, ad esempio una faccetta perchè vuole un A2, e la faccetta non è A2, è chiaro che c’è una responsabilità. Ma ogni caso fa storia a sè, e le affermazioni del dottor Paternoster sono davvero pericolose quanto infondate. La presenza nel panorama editoriale di “esperti” del suo calibro rendono pericoloso il decalogo AIOP. La semplificazione va sempre bene, se presa cum grano salis. Altrimenti può essere estremamente pericolosa.